E all’improvviso arriva lui…

Finalmente è sabato, aspetto questo momento da tempo. Ho deciso: nulla potrà scalfire il mio entusiasmo di oggi. Mi preparo con cura come si fa per le grandi occasioni e passo a prendere Eleonora, l’insostituibile compagna di tante avventure su e giù per la Liguria.
Noi siamo levantine doc, di quelle levantine talmente doc che si sentono già forestiere appena oltrepassano la Lanterna. Oggi dunque sul piatto ghiotto delle gite fuoriporta abbiamo una meta ambita, anzi ambitissima: Verezzi e il suo 48° Festival Teatrale ci aspettano. Stasera va in scena l’ultima replica del “Cyrano de Bergerac”, il desiderio più grande è quello di farsi trasportare dai dolci versi che l’impavido guascone di Francia dedica alla sua bella Rossana.

Occhei, ci siamo, siamo pronte. Vai che si parte!
Come due Thelma&Louise dei tempi d’oro sfrecciamo di gran carriera su una bella macchinina rossa in direzione “ponente”, in un’oretta o poco più siamo quasi giunte a destinazione. Da perfette signorine che nulla o poco lasciano al caso siamo super equipaggiate: cartina e guida nella borsa mentre commenti e pareri di amici del questo-non-lo-puoi-mancare sono ben impressi nella mente. Usciamo al casello di Finale Ligure.

Fin da subito decidiamo all’unisono di fare una sosta in uno dei borghi più belli d’Italia, così come recita il bel cartello che ci accoglie: Finalborgo.

 Ecco, Finalborgo è di una delizia senza pari. Racchiuso in un serpentone di mura merlate, il suo centro storico è un reticolato di vie e viuzze ipercolorate su cui si affacciano allegre botteghe e negozietti d’ogni genere. Ci sono tante persone che animano questi caruggetti: chi compra, chi gusta un gelato, chi prende un aperitivo, chi legge un giornale, chi fa due chiacchiere con gli amici

 Insomma, l’aria che si respira è proprio quella della festa. Facciamo subito un giro Eleonora ed io, e rimaniamo colpite dalla facilità con cui i turisti si confondono con le persone del luogo. Entriamo da Porta Testa, uno dei tanti ingressi che conducono al cuore del paese, e ci dirigiamo verso la bella piazza principale, piazza Giuseppe Garibaldi , un tempo delle Erbe. Che belle le pareti affrescate dei palazzi, testimonianze visive di un glorioso passato. Arriviamo fino alla Basilica di San Biagio che ci sovrasta con la sua facciata rigorosa e austera. L’alto campanile ottagonale ci mostra orgoglioso la sua serie di bifore ornate Proseguiamo il nostro giro sempre col naso all’insù verso piazza del Tribunale dove il tempo sembra essersi fermato.

Qui un capannello di persone discorre amabilmente all’ombra dell’elegante Palazzo del Tribunale, meraviglia del Quattrocento, un tempo sede del Governatore locale.
La testa gira, quante cose ci sono da vedere. Guarda, Ele, quanta storia racconta questo portale in ardesia!  Continuiamo a perderci tra un dritto e un rovescio nella fitta trama dei vicoli: come si fa a venir via, come?!

È difficile ma si deve, la nostra gita è solo agli inizi. Rimontate a bordo del nostro bolide, ci troviamo in un battibaleno sull’Aurelia: a sinistra il mare nostrum, a destra le dolci alture che incorniciano questa porzione di riviera. Aspetta, cara… Ecco, stop, ci siamo! Questo è il bivio che da Borgio Verezzi conduce a Verezzi, la nostra vera mission della serata. Sì, gira pure a destra… Ci inerpichiamo, saliamo, saliamo, saliamo sempre più su, sempre più in alto, le curve a gomito che si susseguono ci fanno quasi perdere l’orientamento.

E poi arriva lui, come cantava Mina: .
Verezzi si staglia di fronte ai nostri occhi come un lampo nella notte. Il paradiso deve essere fatto così, ne sono certa. Ho un soprassalto, il cuore mi va in gola: ci si può innamorare a prima vista di un paesaggio? Si può, eccome, mi dico. Verezzi entra a gamba tesa nella mia personalissima top ten dei luoghi del cuore  Quando si arriva dalla strada principale, Verezzi si intuisce appena, svela il suo fascino a poco a poco come solo le vere maliarde sanno fare con sapienza.

Qui i vicoli sono un dedalo, quasi un esercizio di stile che sale e che scende a seconda dei capricci della collina. I vuoti e i pieni degli spazi fitti fitti ti fanno venire subito voglia di andare a curiosare in ogni angolo, vuoi cacciare maleducatamente il naso in tutte le finestre aperte per capire come sia stato possibile costruire delle case quassù. Balconi, terrazze, balconi su terrazze, terrazze su balconi, scale, scale interne, scale esterne, scale su balconi, scale su terrazze. Non capiamo più nulla, non parliamo per un po’, questo luogo va assaporato in religioso silenzio. Come due gatti alla ricerca dell’antro più difficile da raggiungere, ci sistemiamo ad un passo dal cielo su un terrazzino dove la cosa più banale che ti capita di vedere è un tramonto mozzafiato . Rimaniamo lì per un po’, parliamo di tutto io e la Ele. Andiamo a ruota libera, fantastichiamo, tanto siamo in paradiso, no? Da qui tutto è concesso. Il sole sta per calare, dobbiamo andare a prendere posto in platea, in piazza Sant’Agostino.
La piazza di Verezzi è lo scenario entro cui tutti gli spettacoli della rassegna teatrale prendono vita. Penso che qualsiasi attore possa ragionevolmente dire che migliore scenografia di questa non esiste al mondo. Si recita con alle spalle una magnifica chiesa in pietra e negli occhi la costa e le onde lunghe della riviera.

Ci sediamo sulle seggiole rosse, quelle seggiole che in tutti i luoghi del mondo significano teatro.
Calano le luci, lo spettacolo inizia e noi siamo inebriate come due bambine. Amiamo il teatro tanto quanto la Liguria, ossia tantissimo. L’uomo dal naso prominente per eccellenza ci conduce in un mondo magico fatto di cappa, spade e cuore. Tanto cuore e tanto coraggio. Grazie a lui ci si convince che, nella vita, le parole sono tutto.
Questa è una notte di plenilunio, Cyrano sarà felice per questo.

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