Ligure al mare

Sono ligure con l’aggravante di essere ponentina. Sono nata sul mare e me ne allontano raramente. E’ il mio respiro, il mio paesaggio, la mia forza.  Perciò, soprattutto d’estate, adoro andare al mare. Ho scritto “andare al mare” e non “andare alla spiaggia” per un buon motivo:  la spiaggia richiama alla mente sabbia, soffice, dorata, invadente…  Tanto per iniziare preciso che la sabbia in Liguria è merce rara. Sul  litorale ci sono molti scogli: una montagna con i piedi nell’acqua.

Perciò, da buona indigena, su una spiaggia di sabbia sono un po’ un… pesce fuor d’acqua (ma che razza di similitudine è?). Mi muovo con la circospezione di un ninja, cercando, inutilmente, di evitare che la sabbia invada l’asciugamano, la borsa, le creme, lo spuntino. Scuoto tutto a intervalli regolari, mi spalmo la crema in punta di piedi, ma alla fine sono impanata come una cotoletta. Bella, la sabbia, comoda persino, ma decisamente non fa per me.

Preferisco le calette che si raggiungono con sentieri scoscesi e profumati di erbe, le esili strisce di ciottoli, gli ammassi di scogli in equilibrio ardito. Ecco, questo significa per me “andare al mare”: saltare da uno scoglio all’altro per trovare quello giusto su cui stendere l’asciugamano. No, non quello, ma quello laggiù, lontano da tutti, dove  si può godere del sole e delle onde in santa pace. Come una capra di mare conquisto la mia postazione e mi metto al lavoro: dalla borsa estraggo il libro, crema solare e sistemo la bottiglia d’acqua in un anfratto all’ombra.

Dagli scogli ci si tuffa, non si discute. Ci vuole prudenza, occhio nel calcolare la profondità e l’angolo di ingresso in acqua, ma è l’unico modo fico; sedersi sullo scoglio e lasciarsi scivolare in acqua è appena tollerato e poi si rischia una grattatina proprio lì. Risalire può essere una pratica un po’ meno elegante, il set di muscoli per l’occasione potrebbero tradirmi, ma alla fine, in qualche modo, mi arrampico all’asciutto.

I ciottoli a volte sono più comodi degli scogli, a patto che si rimuovano  con attenzione, uno ad uno. E’ un paziente lavoro di adattamento dell’uomo all’ambiente, fino a che, finalmente si trova la posizione ideale.  L’ingresso in acqua, invece, può essere lievemente più difficoltoso, anche per i liguri più scafati.     

La camminata sui ciottoli e l’ingresso in acqua è ogni volta una sorta di prova iniziatica, un percorso sui carboni ardenti che supero con stoicismo e determinazione. Non me ne vogliano i nostri ospiti che affrontano le pietre con leggiadre calzature tecniche, eredità delle loro esplorazioni delle barriere coralline. Lo spirito di conquista marinara che ho nei geni mi porta a camminare dritta (beh, dritta..) verso l’acqua e a non far capire quanto fanno male i ciottoli che le onde ti sbattono contro le caviglie, ma è un attimo, il mare mi prende e mi scordo di tutto, nuoto, faccio giravolte, galleggio “a stella”, fino a quando non devo tornare a riva e riprendere contatto con quelle belle pietre di Liguria. Ma le scarpine di gomma non mi avranno mai, sia chiaro!

Quando la fame si fa sentire,  scartoccio il mio pane e pomodoro: cuore di bue, basilico e olio del nostro. Il panino, che nella borsa, inevitabilmente si schiaccia un po’, si intride di succhi e profumi, una bontà da svenire. E’ anche un grande classico della gastronomia ponentina e non manca mai negli zainetti delle gite.

Per chi si preoccupasse delle condizioni di vita disumane di noi indigeni, vorrei rassicurarli dicendo che abbiamo anche bellissimi stabilimenti balneari con lettini, ombrelloni, gelati e calcetto. La civiltà insomma. A volte mi lascio attrarre e mi abbandono a tutto questo sfarzo. Non dura a lungo però. La liguritudine si fa sentire e  mi riporta ad essere patella sullo scoglio.

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